Il grande federalismo fiscale della Lega!
Da consigliere comunale che tutti i giorni si scontra per quanto gli compete con il bilancio di un'amministrazione comunale comunque attenta ad ogni spesa anche la più piccola come la nostra mi sarei aspettato una riforma in termini di federalismo fiscale attenta alle esigenze dei comuni. Nel frattempo invece il governo in carica produce questi effetti:
DA REPUBBLICA.IT
In 400 a Roma: "Il governo ci restituisca il 20% dell'Irpef"Protesta dei primi cittadini di centrodestra e di centrosinistra
Rivolta anti-Lega dei sindaci veneti"Più servizi? Ma i soldi sono finiti"
"La riforma federalista del Carroccio? E' come l'araba fenice"di ANTONELLO CAPORALE
La protesta dei sindaci veneti
ROMA - Ieri il Veneto si è ribellato alla Lega. All'improvviso gli ha dato una manata in faccia, le ha graffiato il volto e sporcato la bandiera. Una ribellione straordinaria, durata meno di dieci ore, sentita e parecchio partecipata. Il nord est ha sfilato da piazza Venezia a Montecitorio: 400 fasce tricolori, 400 sindaci veneti in marcia contro il federalismo di Bossi e Calderoli. Questione di schei. "Dovevano arrivare a giugno due milioni e mezzo di euro da Roma come compensazione per l'Ici e il catasto non rivalutato. Tremonti me ne ha mandati 500mila di meno. Adesso ho la mensa scolastica da pagare, e gli autobus". Michele Carpinetto, sindaco di Mira, alle porte di Venezia, ha i conti in disordine e una schiettissima incavolatura. Silvano Piazza, da Silea, Treviso: "La riforma della Lega è come l'araba fenice. Tutti dicono che ci sia, ma dove sia nessun lo sa. E noi non abbiamo tempo da perdere, abbiamo le scadenze noi, la gente ci chiede servizi e i soldi sono finiti. A dicembre come chiudo il bilancio?". Dei 550 sindaci veneti 450 (ma cinquanta sono rimasti a casa) hanno sottoscritto l'appello a fregarsene di Bossi e correre a Roma per chiedere uno storno secco, una modifica breve alla legge, un emendamento semplice e veloce: il governo deve restituire ai comuni il 20 per cento delle tasse che i cittadini residenti pagano a titolo di Irpef. Semplice no? "Sono soldi nostri", ripete il sindaco di Legnago. Perfetto. Tutto ritorna. Questi sindaci appaiono artigiani travestiti: nessun grillo per la testa. Lavoro e schei. Al sodo, dunque: "Io mi sto indebitando, ho fatto anticipazioni di cassa". Io, prima persona singolare. Per Cesarina Foresti di Arzergrande il municipio si gestisce come un capannone. Idee chiare, la voglia di far da soli, in modo pratico e resoluto: "Bossi vuole il centralismo delle regioni. Poi è una cosa lunga", dice Silvia Salvamir, da Bruggine.
Comuni grandi e piccoli, quelli di centrodestra del veronese e quelli rossi del veneziano. Tutti in fila, ordinati e arrabbiati. Romano Boischio di Sant'Angelo di Piave (Padova): "Ci hanno tenuto dietro le transenne, nemmeno potevamo fare un passo. La polizia è venuta per fermarci. Alla troupe di Striscia la notizia è stato permesso ciò che a noi è stato negato: un passetto nella piazza davanti al Parlamento". Li hanno tenuti larghi, lontani. I deputati del Carroccio nemmeno si son fatti vedere. Li hanno ricevuti quelli del Partito democratico, che sono opposizione. Li ha accolti nel suo studio il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto. Qualcuno di Forza Italia si è alla fine fatto avanti. "La Giustina Destro è venuta a salutarci". Il disordine politico traghetta a Roma l'insubordinazione del nord est col tricolore. E' una ribellione orizzontale, silenziosa e lontana dalla politica. "Non vogliamo il federalismo di Palazzo". "Guidiamo liste civiche, guardiamo all'interesse dei cittadini". Se il sindaco di Legnago non sa più come far funzionare la sua mensa, quello di Mira ha deciso: "Porto il ticket da tre a cinque euro. L'unica è questa. Però mi restano scoperti i bus". Quello di Bruggine non vuole ancora credere allo scherzetto di Tremonti: "Da 120 euro pro capite a 86. Mi dica lei come si fa". Il collega di Arzargrande: "Io ne ho persi di più. Me ne mandavano 218 euro a testa e adesso sono a 156. Col culo per terra, praticamente". Praticamente l'azienda Veneto sta per fallire, i municipi al collasso. I più grandi si fanno aiutare dalle anticipazioni di cassa. I più indebitati hanno fatto corsi accelerati di trading e hanno conosciuto i contratti derivati. I comuni italiani sono infestati di titoli-spazzatura. Milano, Napoli, Roma. Dalle metropoli l'infezione sta scendendo verso le città medie, il monitoraggio presenta zone di rischio crac. Catania è già sottoterra. La piazza ribolle: "Perché i soldi a Catania? Basta con gli sprechi, al sud sappiamo come amministrano. Noi siamo virtuosi e siamo sempre bastonati. Diamo cento e raccogliamo trenta. E' ora di finirla". Leghismo senza la Lega, Nord est senza San Marco. "La rivolta è nata per merito del vicesindaco di Crespano, sul Piave. In pochi giorni ci siamo organizzati e siamo venuti giù". "E' la rivolta del Piave, questa, ma adesso inizieremo a contattare gli altri colleghi, quelli lombardi e i piemontesi". Alle cinque del pomeriggio tutti hanno ripreso il treno e fatto ritorno a casa. (2 ottobre 2008)
Rivolta anti-Lega dei sindaci veneti"Più servizi? Ma i soldi sono finiti"
"La riforma federalista del Carroccio? E' come l'araba fenice"di ANTONELLO CAPORALE
La protesta dei sindaci veneti
ROMA - Ieri il Veneto si è ribellato alla Lega. All'improvviso gli ha dato una manata in faccia, le ha graffiato il volto e sporcato la bandiera. Una ribellione straordinaria, durata meno di dieci ore, sentita e parecchio partecipata. Il nord est ha sfilato da piazza Venezia a Montecitorio: 400 fasce tricolori, 400 sindaci veneti in marcia contro il federalismo di Bossi e Calderoli. Questione di schei. "Dovevano arrivare a giugno due milioni e mezzo di euro da Roma come compensazione per l'Ici e il catasto non rivalutato. Tremonti me ne ha mandati 500mila di meno. Adesso ho la mensa scolastica da pagare, e gli autobus". Michele Carpinetto, sindaco di Mira, alle porte di Venezia, ha i conti in disordine e una schiettissima incavolatura. Silvano Piazza, da Silea, Treviso: "La riforma della Lega è come l'araba fenice. Tutti dicono che ci sia, ma dove sia nessun lo sa. E noi non abbiamo tempo da perdere, abbiamo le scadenze noi, la gente ci chiede servizi e i soldi sono finiti. A dicembre come chiudo il bilancio?". Dei 550 sindaci veneti 450 (ma cinquanta sono rimasti a casa) hanno sottoscritto l'appello a fregarsene di Bossi e correre a Roma per chiedere uno storno secco, una modifica breve alla legge, un emendamento semplice e veloce: il governo deve restituire ai comuni il 20 per cento delle tasse che i cittadini residenti pagano a titolo di Irpef. Semplice no? "Sono soldi nostri", ripete il sindaco di Legnago. Perfetto. Tutto ritorna. Questi sindaci appaiono artigiani travestiti: nessun grillo per la testa. Lavoro e schei. Al sodo, dunque: "Io mi sto indebitando, ho fatto anticipazioni di cassa". Io, prima persona singolare. Per Cesarina Foresti di Arzergrande il municipio si gestisce come un capannone. Idee chiare, la voglia di far da soli, in modo pratico e resoluto: "Bossi vuole il centralismo delle regioni. Poi è una cosa lunga", dice Silvia Salvamir, da Bruggine.
Comuni grandi e piccoli, quelli di centrodestra del veronese e quelli rossi del veneziano. Tutti in fila, ordinati e arrabbiati. Romano Boischio di Sant'Angelo di Piave (Padova): "Ci hanno tenuto dietro le transenne, nemmeno potevamo fare un passo. La polizia è venuta per fermarci. Alla troupe di Striscia la notizia è stato permesso ciò che a noi è stato negato: un passetto nella piazza davanti al Parlamento". Li hanno tenuti larghi, lontani. I deputati del Carroccio nemmeno si son fatti vedere. Li hanno ricevuti quelli del Partito democratico, che sono opposizione. Li ha accolti nel suo studio il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto. Qualcuno di Forza Italia si è alla fine fatto avanti. "La Giustina Destro è venuta a salutarci". Il disordine politico traghetta a Roma l'insubordinazione del nord est col tricolore. E' una ribellione orizzontale, silenziosa e lontana dalla politica. "Non vogliamo il federalismo di Palazzo". "Guidiamo liste civiche, guardiamo all'interesse dei cittadini". Se il sindaco di Legnago non sa più come far funzionare la sua mensa, quello di Mira ha deciso: "Porto il ticket da tre a cinque euro. L'unica è questa. Però mi restano scoperti i bus". Quello di Bruggine non vuole ancora credere allo scherzetto di Tremonti: "Da 120 euro pro capite a 86. Mi dica lei come si fa". Il collega di Arzargrande: "Io ne ho persi di più. Me ne mandavano 218 euro a testa e adesso sono a 156. Col culo per terra, praticamente". Praticamente l'azienda Veneto sta per fallire, i municipi al collasso. I più grandi si fanno aiutare dalle anticipazioni di cassa. I più indebitati hanno fatto corsi accelerati di trading e hanno conosciuto i contratti derivati. I comuni italiani sono infestati di titoli-spazzatura. Milano, Napoli, Roma. Dalle metropoli l'infezione sta scendendo verso le città medie, il monitoraggio presenta zone di rischio crac. Catania è già sottoterra. La piazza ribolle: "Perché i soldi a Catania? Basta con gli sprechi, al sud sappiamo come amministrano. Noi siamo virtuosi e siamo sempre bastonati. Diamo cento e raccogliamo trenta. E' ora di finirla". Leghismo senza la Lega, Nord est senza San Marco. "La rivolta è nata per merito del vicesindaco di Crespano, sul Piave. In pochi giorni ci siamo organizzati e siamo venuti giù". "E' la rivolta del Piave, questa, ma adesso inizieremo a contattare gli altri colleghi, quelli lombardi e i piemontesi". Alle cinque del pomeriggio tutti hanno ripreso il treno e fatto ritorno a casa. (2 ottobre 2008)
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