martedì 5 giugno 2007

Segnalo dal Giornale di Brescia 04-06-07: Gli anziani

Vista l'esperienza diretta che ho vissuto in prima persona come consigliere della casa di Riposo Lucini Cantù di Rovato desidero segnalare una toccante quanto intelligente lettera al direttore avente argomento proprio il legame Anziani-Famiglie-Case di Riposo.


L’assistenza all’anziano tra cure a domicilio e ricovero in casa di riposo

Mentre, nella saletta ricreativa della casa di riposo, dove è ricoverata mia madre, osservo l’anziano ospite che fissa il vuoto, con le spalle alla televisione accesa, seduto sulla sedia a rotelle, mi chiedo se valga la pena spiegare gli stati d’animo e le tribolazioni che i malati e le loro famiglie devono affrontare per trovare un equilibrio alla loro condizione, oppure, ritrovarmi negli atteggiamenti di chi, al pari di quel signore, fissa il vuoto quasi con rassegnazione, come a ricordare a noi tutti, che corriamo sempre e spesso inutilmente, che sono altre le priorità e sia inutile spiegarle a chi non ha voglia e tempo di capirle. - La gestione di un malato, specie se anziano, causa disagi che esplodono a volte improvvisamente nella quotidianità e ti trovi impreparato sul da farsi, non sai dove e a chi appoggiarti cercando appigli ovunque, accorgendoti ben presto che sei solo. - Trovi comprensione ma ti devi arrangiare, cercando di coniugare al meglio l’aspetto gestionale, sanitario, con quello economico e soprattutto morale. - Molti anziani, trovandosi (spesso in un breve lasso di tempo) non più autosufficienti, necessitano di assistenza continua che non sempre può essere garantita tramite l’ausilio di accompagnatrici (badanti) o familiari senza un minimo di competenza infermieristica o senza il supporto di attrezzature idonee per i vari gradi di infermità. - Allora ti accorgi che il problema non è solamente accoglierli o meno in casa propria per fargli compagnia, ma è molto più complesso e ti chiedi quale sia la soluzione più appropriata per il loro bene, sapendo che inevitabilmente il ricovero in una struttura è garanzia per molti aspetti ma devastante sotto quello psicologico. - A questo si sommano le difficoltà nel trovare posto in tempi brevi nelle strutture sia per le moltissime richieste che fanno allungare la lista d’attesa che per le trafile burocratiche, non tralasciando l’aspetto economico, perché gli oneri a carico delle famiglie, nonostante i contributi regionali e locali, sono comunque elevati. - Nella mia personale esperienza, comune a molte altre, ho riscontrato comunque delle positività che ritengo doveroso elencare, per evidenziare come le situazioni (anche alla luce di esperienze passate negative) siano molto diverse tra loro. - Mia madre, anziana, con tutte le malattie e acciacchi possibili e con cecità pressoché totale, è stata autosufficiente fino a pochi mesi fa, quando le cadute e le condizioni generali negative hanno preso il sopravvento. - Corse in ospedale dove le diagnosi si limitavano «solo» ad arti rotti o lesioni che comunque non risultavano fatali, ma fino a quando? Ovviamente il pronto soccorso non può sostituirsi o improvvisarsi ufficio di assistenza sociale e si limita alle competenze mediche. - Però l’ultima volta, il medico che ha visitato mia madre non si è accontentato di una diagnosi che valutasse solo gli esiti della caduta ma ha tenuto conto delle cause che hanno determinato lo stato in essere complessivo con grande professionalità, competenza e umanità, ricoverando mia madre in reparto di geriatria e non rispedendola semplicemente a casa. - Così facendo ho potuto organizzarmi e recarmi al distretto di appartenenza per richiedere una valutazione medico-geriatrica in modo da ottenere l’assegnazione di un punteggio che ha permesso, vista la gravità della situazione, l’inserimento definitivo in una Rsa. - In molti casi l’opportunità di avere delle strutture anche temporanee di accesso darebbe respiro alle famiglie che altrimenti rischiano il collasso. - Non sempre il supporto dei Comuni, per quanto lodevole, aiuta realmente, perché le esigenze quotidiane dei malati spesso non coincidono con l’assistenza che i Comuni stessi garantiscono. - Le persone che scelgono di dedicare il proprio tempo a casa nella cura e nella pulizia dei familiari (non dimentichiamolo) non possono farlo senza un aiuto concreto e spesso queste situazioni di disagio proseguono ininterrottamente per anni, svuotando, esaurendo le energie di queste persone. - A margine di tutto questo spesso si vive nel completo isolamento o nella indifferenza di chi, dall’esterno, quindi con una diversa prospettiva, giudica la gestione del malato solo in funzione di ciò che vede, quando è pulito, seduto e magari sorridente. - Ecco allora perché è importante che il rapporto con l’anziano o malato non autosufficiente, molte volte lucido e quindi consapevole, debba essere improntato nella chiarezza, dove l’eventuale ricovero definitivo in una struttura sia condiviso, diventi per il malato la consapevolezza che non è il posto dove è stato parcheggiato gli ultimi anni della propria vita ma un luogo dove è seguito con professionalità ed entra a far parte di una aggiuntiva famiglia che comprende, oltre al personale della Rsa anche gli altri compagni di sventura. - Può essere anche l’occasione di uscire da una solitudine a cui sono destinati tanti anziani mantenendo comunque la libertà di alternare momenti di privacy con momenti di socializzazione. - Chiudo con un ringraziamento personale oltre al medico sopra citato anche al personale del distretto sanitario, del reparto geriatrico e della Rsa che hanno condiviso il mio percorso, per l’apprezzamento del loro operato, che va oltre quello che umilmente ripetono sia «solo il loro lavoro». - Non ho citato i nomi dei soggetti e delle strutture perché situazioni come questa sono molteplici e simili fra di loro e molti di noi possono ritrovarsi in essa, sicuro che le sensibilità presenti sono molte di più di ciò che pensiamo. - LETTERA FIRMATA -