giovedì 7 novembre 2013

Altra maxi pattumiera, nel regno delle discariche - di Pietro Gorlani, Corriere delle Sera

Non si arrabbi Pietro Gorlani, uno tra i giornalisti bresciani maggiormente esperti di ambiente se mi permetto di copiare integralmente e non solo linkare l'editoriale da lui scritto per la rubrica "VOCI DI BRESCIA".
Editoriale che condivido dalla prima all'ultima riga. Aggiungo una sola parola: VERGOGNA!

E Sessantotto. Con l’ultima discarica approvata dalla Provincia di Brescia (la Drr a Cazzago San Martino), sale a  68 il numero delle discariche presenti nel Bresciano. Un bel record, sessantotto. Un numero che richiama il periodo di contestazione giovanile per eccellenza. Farcito dei no dei giovani ai loro padri.  Giusti e meno giusti. Come stridono rispetto a  questo triste e attuale numero sessantotto. Dove sono i sì a vincere. I sì alla discarica.Quelli pronunciati dai due comuni di Rovato (sindaco della Lega) e  Cazzago il 5 aprile 2013 (leggi qui il si nel verbale) nella conferenza in Broletto. Quelli detti dalla Provincia. E ancora prima dalla Regione, che già il 21 luglio 2009 aveva dato parere favorevole a  scavare e riempire di scorie quell’enorme fetta di pianura. Quell’area da 400 ettari che il sindaco di Berlingo Dario Ciapetti,  paladino del Bene Comune, morto prematuramente un anno fa, voleva trasformare in un enorme parco (detto della Macogna).
Per lui e per gli altri tre sindaci (in carica fino al 2012) dei comuni limitrofi era un giusto risarcimento a quella fetta di pianura troppo sfruttata. Sventrata da cave e dal passaggio di Tav e Brebemi. Invece niente. Per almeno altri 10 anni nella zona passeranno file e file  di camion carichi di schifezze.
Eppure. Come è stato possibile approvarla, questa benedetta discarica, se l’Asl ha dato parere negativo (troppe criticità!!!) se l’Arpa deve ancora comunicare l’analisi finale di rischio, se lì vicino ci sono due rogge ( a meno di 10 metri) e se hanno detto no i comuni di Berlingo e Travagliato, se nello stesso cratere sono finiti rifiuti tossico-nocivi lì  abbandonati dal 2010? Non si poteva, dico, per lo meno chiedere all’azienda che guadagnerà bei milioncini di bonificare prima quelle schifezze (che per onor al vero ha portato un altro cavatore, oggi fallito, Bregoli) prima di portare le proprie?
La Drr nella Macogna porterà 1,3 milioni di metri cubi di inerti in un’area grande come 13 campi da calcio a 11 (in tutto 101 mila metri quadrati). Ma la parola INERTI non tragga in inganno. La dicitura contempla una quarantina di tipologie di rifiuti (dalle scorie di fusione alle forme e anime di fonderia, dai mattoni alle miscele bituminose, dalle terre derivate dalla lavorazione della barbabietola a fanghi di cemento). Quindi non dovrebbe cantare troppo vittoria l’assessore provinciale Dotti, quando dice che si è evitato l’arrivo  dei rifiuti speciali. (Piccolo inciso: vi rendete conto? La Drr chiede di smaltire speciali, non le danno il permesso e si “accontenta” degli inerti. L’importante… èèè smaltire e far soldi). Unica consolazione: dopo le cocenti lezioni prese in passato, dove nelle ex cave si portava di tutto, la Provincia ha messo le mani avanti. Ha chiesto garanzie per 4,7 milioni di euro. E nell’autorizzazione ha aggiunto un importante paragrafetto:  “il provvedimento è soggetto a sospensione o revoca ove risulti la pericolosità o dannosità dell’attività esercitata”. Le migliaia di abitanti della zona devono solo sperare che il Broletto non debba mai ricorrere a questo codicillo.
PER CONCLUDERE: Qualcuno tra i lettori mi  inviterà a ricordarmi che non siamo più all’età della pietra, che nella società dei consumi i rifiuti si producono eccome, che in una provincia ad alto tasso industriale da qualche parte dovremo pur metterli. Rispondo che mentre l’Europa punta al riutilizzo di tutti i materiali e all’abolizione delle discariche, mentre avanzano nuove tecnologie per il recupero di scorie in edilizia e non solo noi siamo ancora fermi agli interessi di pochi cavatori. Quei pochi che fino a qualche anno fa hanno guadagnato scavando e rivendendo suolo pubblico (sabbia e ghiaia son di tutti) e poi infilano il jackpot tappando i buchi con le scorie. Se almeno il 50%  o il 70% dei ricavi finissero nelle casse pubbliche, manco quello. E ci sono pure dei sindaci che dicono sì a tutto questo.